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Terapia

È dal giorno della diagnosi che ho iniziato a vivere di nuovo. Ero in compagnia della mia malattia, la chiamavo bestia quella cosa con le macchie demielinizzanti che stavano nel cervello. Iniziarono flebo ogni sei mesi al Bellaria di Bologna. Arrivavo sempre da solo in quella stanza d’ospedale, ma lì eravamo almeno in quattro a combattere la bestia.

La prima persona che ricordo fu Donatella, una ragazza lasciata dal fidanzato quando le diagnosticarono la malattia. Confessò che la sua reazione fu di “godersi la vita” anziché restare a soffrire da sola in silenzio. Lei continuò ad andare in discoteca anche se aveva perso la sensibilità ai piedi e si riposava sui divani quando si stancava. I suoi sorrisi facevano scordare il tempo che passava ad ogni goccia di flebo alla vena che ricevevamo.

Ho conosciuto Carla, una ragazza del sud Italia (come me) e raccontò che per lei era stato più difficile dire ai suoi genitori che si stava per sposare con un’altra donna, piuttosto che dire loro che le era stata diagnosticata una malattia incurabile. Io per far sorridere confessai che ai miei genitori glielo feci dire dal neurologo perché avevo paura della loro reazione.

Conobbi Marisa, una dolce donna di Vergato che il 2 Agosto 1980 aveva 18 anni e partì da Bologna per dirigersi a Riccione con le amiche, erano le ore 9:00. Alle ore 10:25 Marisa si trovava in spiaggia a prendere il sole con le amiche. I suoi genitori dovettero aspettare le ore 14 per ricevere una telefonata dalla figlia da una cabina telefonica.

Ho conosciuto Dario, un uomo sorridente e spiritoso che prendeva in giro tutti, compresi medici e infermieri. Dario sul bicipite aveva tatuato un grosso tatuaggio che riportava una data. Qualcuno chiese cosa successe quel giorno, lui guardò i presenti e sorridendo spiegò: “è il giorno in cui ho ricevuto la diagnosi di Sclerosi multipla”.

Queste sono solo alcune delle fantastiche persone che ho conosciuto mentre avevo il braccio attaccato per ricevere un farmaco che ci avrebbe fatto stare meglio, o almeno non avrebbe peggiorato la nostra condizione di salute. Tutti con la stessa malattia ma tutti con storie diverse da raccontare, c’è stato chi dormiva mentre gli infermieri venivano a controllare, chi leggeva quando effettuavano il cambio flebo, chi piangeva e chi rideva. Condividevamo i nostri pensieri, i nostri desideri e le nostre avventure. Tutti con lo stesso sogno, in quei momenti non eravamo soli, inseguivamo lo stesso futuro, ma con una forza maggiore.

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La visita medica

Per noi umanisti affacciarsi al mondo del lavoro significa anche misurarsi con una realtà disagevole, di cui spesso ci costruiamo un’immagine farlocca e destinata ad essere, prima o poi, deflorata. Accade così che anche il racconto di una visita medica “scomoda”, possa funzionare da esempio per far maturare con consapevolezza le nostre mentalità umaniste.

L’articolo di Piero Cancemi.

A Bologna sono diventato un habitué della visita medica.

Negli ospedali e nelle varie cliniche della città ormai mi conoscono in tanti tra medici, infermieri, OSS, praticanti e tirocinanti.

Mi considero un ottimo paziente perché ho piena fiducia nella sanità emiliana nonostante provenga da un passato siciliano dove due operazioni alla colonna vertebrale mi avrebbero potuto far tentennare davanti all’universo medico.

Ma questo è un altro discorso per un’altra storia.

DAMS e Bologna: un classico che non stanca

Ero appena arrivato a Bologna; ero un giovane e promettente studente universitario; studiavo Ingegneria Aerospaziale, anzi no, studiavo Medicina Molecolare, anzi no, studiavo Fisica Quantistica: niente di tutto ciò, io studiavo al DAMS sezione Cinema.

Era bello?
Bellissimo!
Ti piaceva?
Tantissimo!
Hai trovato lavoro grazie al DAMS?
NO! Però ho imparato tante cose.

La prima volta non si scorda mai

Mentre ero uno studente universitario fuori sede, ho avuto incontri intimi ravvicinati casuali con l’altro sesso, causati dalla vita mondana bolognese (molto affollata come tutti ben sappiamo). Questo mi ha causato alcuni problemi di arrossamento nelle parti intime.

La ragazza con cui mi frequentavo in quel periodo mi consigliò: «Vai dall’urologo».
Le risposi: «Forse è meglio dal dermatologo».
Armandosi di uno sguardo imperativo, dalla sua bocca uscì una sola parola: u-r-o-l-o-g-o!

Mi recai per la prima volta all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna non sapendo che fosse delle dimensioni di un quartiere cittadino, dove ogni singolo padiglione corrisponde a una specifica specializzazione. Solo dopo un’ora, girando per il “quartiere medico”, riuscii a trovare Urologia: dovetti attraversare i padiglioni di Pediatria, Ginecologia, Ortopedia e Neurologia per arrivarci – io che provenivo da un piccolo paese siciliano! – avendo così tutto il tempo per capire di essere capitato in una “grande” città.

Una volta giunto a Urologia accadde qualcosa che non dimenticherò tanto facilmente.

La realtà arriva da dietro

Bussai alla porta e subito uscii fuori il medico che, guardandomi con sufficienza, mi fece presente il ritardo e la sua attesa. Subito dopo, con tono deciso, ordinò di chiudere la porta. Una volta entrato non persi tempo ad azzardare un principio di spiegazione del mio problema, con grande timidezza e imbarazzo, fintanto che lui, con un’unica frase, mi gelò:

«Cali le braghe».
«Come?».
«Abbassi i pantaloni».
«Certo!» risposi prima di restare in mutande.
«Faccia vedere».

Tirai giù le mutande e mostrai il mio…membro.

Lui lo guardò e io mi fidai del medico, poi con il suo sguardo serio aggiunse: «Si volti».
Eseguii i suoi ordini.

Ma dopo accadde una cosa inaspettata: sentii il fruscio dei guanti in lattice tra le sue mani sapienti. Allungai allora lo sguardo e notai che lubrificava due dita (due!) e, senza preavviso, iniziò a controllare. Io immobile, piegato in avanti; lui serio. Io cercavo di capire quello che stava accadendo; lui provava a farmi restare tranquillo.

Al termine, sentii il rumore del guanto che veniva sfilato.

Lui mi parlava ma io non capivo niente di quello che diceva (avrei letto il referto successivamente). In quel momento avevo un unico pensiero: «sono stato deflorato!».

Realizzazione

Inconsciamente sapevo che prima o poi sarebbe arrivato quel giorno.

Non ho più sentito quel medico, non ho ricevuto nessuna chiamata, neanche un sms. Seppi solo che dovevo utilizzare una crema per qualche giorno e degli antistaminici. Non ho più avuto quel problema, non ho mai avuto un secondo incontro con quel medico.

Passarono diversi mesi, poi anni. Affrontai diversi esami universitari; con la ragazza che mi suggerì di andare dall’urologo non continuò; iniziai a stare più attento negli incontri occasionali che effettuavo e, fortunatamente, non ebbi più problemi tra le gambe.

Ho studiato e fatto lunghi aperitivi in centro: questo è il riassunto dei miei anni universitari umanistici bolognesi. Poi mi sono anche laureato e ho trovato lavoro, naturalmente non riferito ai miei studi. Laurea con lode, standing ovation, bacio accademico, pomiciata con il rettore, lacrime del relatore. Non è andata così: noi umanisti studiamo quanto basta e, nel tempo libero, facciamo l’amore, leggiamo quello che ci piace e pensiamo oltre l’ordinario sentire. Ci adattiamo a diversi lavori e puntiamo a realizzare i nostri sogni affrontando i vari imprevisti. Mica possiamo perdere tempo a memorizzare articoli della Costituzione.

La seconda visita e l’età adulta

A 31 anni è successo per la seconda volta: visita urologica. Questa volta per problemi apparentemente “emorroidei” (questa parola non esiste ma, essendo diventato Dottore in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo, mi auto-concedo la licenza poetica ammiccando all’Accademia della Crusca).

Comunque vi anticipo che era solo causato dalla stipsi. Scusate lo spoiler.

Durante quella visita ero molto disinibito e meno imbarazzato. La sede, questa volta, era l’Ospedale Maggiore, una struttura maestosa facile da trovare ma in cui è difficile spostarsi all’interno nonostante le numerose indicazioni. Forse sono solo io che vivo in una bolla di sapone mentale, sono pigro e mi distraggo facilmente.

Quella volta il medico era molto simpatico, mi mise subito a mio agio e con gentilezza mi fece ricordare di alcune visite dello stesso settore che ho effettuato in passato (cioè solo una).

Era gentile, carino e con occhi verdi quasi fluorescenti, con un ciuffo ribelle che lo costringeva a spostarlo sulla sinistra mentre mi sorrideva. Mi suggerì di voltarmi e a bassa voce mi tranquillizzò. Io non ero agitato, lo ascoltavo tranquillamente e dopo qualche minuto ero piegato in avanti con il fondoschiena scoperto. Mi disse di aver terminato, poi mi suggerì di ricompormi e vestirmi. Io lo ascoltai e lo ringraziai, ci scambiammo i numeri di telefono. Mi scrisse dopo poco tempo che non c’erano grossi problemi e mi consigliò di prendere uno specifico lassativo ma, dato la poca gravità della questione, mi suggerì di adottare un’alimentazione semplicemente più equilibrata e ricca di frutta e fibre per favorire l’evacuazione.

Lo ringraziai più volte ma non lo rividi più.

La terza visita e la completa maturazione

Ora ho 51 anni, un cane, un gatto e una compagna. Non sono sposato perché ci tengo alla salute. Ho fatto tutti i vaccini previsti dal Servizio Sanitario Nazionale contro il Covid-19. Per il vaccino non è necessario avere un anello al dito. Fortunatamente non ho vissuto nessuna festa ipocrita in prima persona, ma ho vissuto solo gli inviti matrimoniali a cui ho partecipato goliardicamente. Vi svelo un segreto: tutte le spose erano vestite color bianco. Nei matrimoni la cosa più bella sono il cibo e le invitate, comprese le testimoni.

Ma dopo essere scampato al pericolo nuziale e data la mia età, è giunto il momento di affrontare una nuova visita urologica esclusivamente per motivi prostatici. Mi presento all’appuntamento fissato e mi trovo davanti a un giovane urologo che mi guarda, mi saluta e mi stringe la mano: una mano così morbida e curata, senza fede al dito, come me.

Ci sediamo uno di fronte all’altro, spiego il motivo della mia presenza e, senza batter ciglio, il medico si alza in piedi invitandomi a fare lo stesso e a voltarmi e piegarmi. Poi l’ho lasciato fare. Adesso sono solo un uomo che ha paura di soffrire di gravi patologie dell’apparato urogenitale e di sposarsi.

Le faremo sapere – La visita medica

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Compromessi

MetropoliZ blog

La bestia non si ferma HD“…Il mio ego ha smesso da tempo di ingigantirsi, accorgendomi del valore delle semplici cose che prima ignoravo solo perché non riuscivo ad apprezzarle. Troppo facile non prestare attenzione alle piccole cose, alla bellezza dei nostri sensi e al potere delle nostre potenzialità…Spero solo che chi sta male non seguirà mai il mio esempio, le cose belle non durano in eterno, quindi godiamocele il più possibile prima di raggiungere compromessi con noi stessi. Penserò a come deve essere bello camminare, a come deve essere bello saltare, a come deve essere bello riuscire a stare in piedi, a come deve essere bello avere una vita in salute, quella vita priva di alterazioni ma ricca di benessere. Adesso mi è rimasto di saldare i conti con la vita e sono disposto a farlo…”

[Piero CancemiLa bestia non si ferma]

libro La bestia non si ferma – Amazon

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Sensi

MetropoliZ blog

La bestia non si ferma HD«Ama la tua vita Riccio, percepiscine i suoi profumi, ammira quello che riesci a vedere, apprezza i suoni che ti circondano, rispetta quello che sfiori, elogia le tue gambe che ti reggono in piedi e ammira la forza che ti permette di affrontare le giornate, adora tutto quello che vivi insieme alle sue sfumature gustandone tutti i sapori. Devi infatuarti della cosa più importante che hai, la Vita»

[La bestia non si ferma – p.11]

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Se vuoi, puoi davvero?

#radiofreccia #psicologia

Ilaria Albano

Se puoi puoi…davvero?Quanto impatto hanno i privilegi?

La motivazione è molto importante ma, anche se in molti amano raccontarcela così, da sola non basta.

Occorre ricordare che non tutti partiamo dalle stesse basi intellettive, fisiche, socio-economiche e queste differenze emergono anche all’interno della stessa famiglia.

Il progetto Psicologa Scortese ogni sabato mattina su Radiofreccia!

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La detrazione delle spese per bici elettriche disabili

La detrazione del 19% è sull’intero importo (senza la franchigia dei 129,11 euro), ma ci sono delle condizioni

Tra le agevolazioni fiscali previste per le persone con disabilità, ricordiamo le detrazioni dall’imposta lorda delle Spese sanitarie per persone con disabilità (Rigo E3). A questi contribuenti, per determinate spese sanitarie e per l’acquisto di mezzi di ausilio è infatti riconosciuta la possibilità di una detrazione dall’Irpef del 19%. Tra queste spese sono comprese quelle per le biciclette elettriche a pedalataassistita sostenute da parte di soggetti con ridotte o impedite capacità motoriepermanenti. Vediamo innanzitutto in cosa consistono i requisiti per le agevolazioni, e chi può beneficiarne.

I BENEFICIARI
Allo scopo, sono considerate persone con disabilità coloro che presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, certificata dalla Commissione medica istituita ai sensi dell’art. 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, oppure da altre commissioni mediche pubbliche competenti a certificare l’invalidità civile, di lavoro, di guerra, ecc.
Anche i grandi invalidi di guerra (articolo 14 del T.U. n. 915/1978) e quelli a essi equiparati sono considerati persone con disabilità e non sono assoggettati agli accertamenti sanitari da parte della Commissione medica istituita ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 104/1992.

SPESE CON E SENZA FRANCHIGIA
Questi cittadini possono detrarre dall’imposta, per la parte eccedente l’importo di 129,11 euro, le spese sanitarie specialistiche (per esempio, analisi, prestazioni chirurgiche e specialistiche).
Sono invece ammesse integralmente alla detrazione del 19%, senza togliere la franchigia di 129,11 euro, le spese sostenute per i mezzi necessari all’accompagnamento, alla deambulazione, alla locomozione e al sollevamento delle persone con disabilità.
La detrazione del 19% sull’intero importo può essere usufruita anche dal familiare della persona con disabilità, a condizione che quest’ultimo sia fiscalmente a suo carico.

DETRAZIONE SU BICI ELETTRICHE
L’agevolazione può essere riconosciuta anche per l’acquisto di bicicletta elettrica a pedalataassistita, anche se non ricompresa tra gli ausili tecnici per la mobilità personale individuati dalnomenclatore tariffario delle protesi, da parte di soggetti con ridotte o impedite capacità motoriepermanenti.
In questo caso, però, il contribuente disabile deve produrre:
– certificazione di invalidità o di handicaprilasciata dalla Commissione medica pubblica competente da cui risulti la menomazione funzionalepermanente sofferta,
– certificazione del medico specialista della ASL che attesti il collegamentofunzionale tra la bicicletta con motore elettrico ausiliario e la menomazione. Tale certificazione ènecessaria qualora non risulti il collegamento funzionale dal verbale rilasciato dalla Commissionemedica integrata ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 5 del 2012.

ALTRE SPESE DETRAIBILI SENZA FRANCHIGIA
Con gli stessi requisiti, sono ammesse integralmente alla detrazione del 19%, senza togliere la franchigia di 129,11 euro, anche le spese sostenute per:

·        il trasporto in ambulanza della persona con disabilità (le prestazioni specialistiche effettuate durante il trasporto rientrano, invece, tra le spese sanitarie e possono essere detratte, come detto sopra, solo per la parte eccedente i 129,11 euro)

·        il trasporto della persona con disabilità effettuato dalla Onlus, che ha rilasciato regolare fattura per il servizio di trasporto prestato o da altri soggetti (per esempio, il Comune) che hanno tra i propri fini istituzionali l’assistenza alle persone con disabilità

·        l’acquisto di poltrone per inabili e persone non deambulanti e di apparecchi per il contenimento di fratture, ernie e per la correzione dei difetti della colonna vertebrale

·        l’acquisto di arti artificiali per la deambulazione

·        la costruzione di rampe per l’eliminazione di barriere architettoniche esterne e interne alle abitazioni. Per queste spese la detrazione del 19% non è fruibile contemporaneamente all’agevolazione prevista per gli interventi di ristrutturazione edilizia, ma solo sull’eventuale eccedenza della quota di spesa per la quale è stata richiesta quest’ultima agevolazione

·        l’adattamento dell’ascensore per renderlo idoneo a contenere la carrozzella e l’installazione e la manutenzione della pedana di sollevamento installata nell’abitazione della persona con disabilità (anche per queste spese la detrazione spetta per la parte eccedente quella per la quale si fruisce della detrazione relativa alle spese sostenute per interventi finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche)

·        l’acquisto di sussidi tecnici e informatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e le possibilità di integrazione delle persone con disabilità (ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 104/1992). Sono tali, per esempio, le spese sostenute per l’acquisto di fax, modem, computer, telefono a viva voce, schermo a tocco, tastiera espansa, telefonini per sordomuti e i costi di abbonamento al servizio di soccorso rapido telefonico. In questo caso l’agevolazione è consentita solo se sussiste il collegamento funzionale tra il sussidio tecnico informatico e la specifica disabilità, che può risultare dalla certificazione rilasciata dal medico curante o dal certificato attestante l’invalidità funzionale permanente rilasciato dall’Azienda sanitaria locale competente o dalla Commissione medica integrata. Quest’ultimo certificato è lo stesso che il Dm 14 marzo 1998 (modificato dal Dm 7 aprile 2021) richiede per fruire dell’aliquota Iva agevolata.

·        l’acquisto di cucine, limitatamente alle componenti dotate di dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, preposte a facilitare il controllo dell’ambiente da parte di persone con disabilità, specificamente descritte in fattura con l’indicazione di dette caratteristiche

Per approfondire:

https://www.agenziaentrate.gov.it

Su questo argomento leggi anche:

Guida alla deduzione spese mediche e di assistenza specifica delle personecon disabilità

Guida alle agevolazioni fiscali disabili

Articolo su Disabili.com

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Su o giù?

ilcoraggioperforza

A volte hai l’impressione di non fare abbastanza, di non essere abbastanza.

È troppo o troppo poco?

Difficile rispondere, dipende dalla prospettiva… sì, esatto la vita è solo una questione di prospettiva; e il bicchiere si svuota e si riempie in continuazione.

Uno scrigno che diventa un vaso pieno di fumo, respiri la polvere delle tue paure e poi di colpo in alto, dove l’aria sa di nuvole. Hai sbagliato tanto, ma i tuoi errori ti hanno portato fin qui, hai perso o hai vinto?

Non lo sai, perché a volte guardare indietro fa male e il nero ti circonda turbinandoti intorno, schegge di cristallo graffiano la pelle; alzi il viso, e con gli occhi gonfi sfidi il vento, ma non hai appigli, così scivoli di nuovo.

Le emozioni si muovono alternando la corrente, basta, sei stanca e ti concentri sul prossimo sasso che ostruirà la tua via. E non…

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