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Sassari, Realtà Virtuale E Disabilità

La forza di UILDM è nelle Sezioni e nella loro conoscenza del territorio, che vivono e fanno crescere. Per questo la Direzione Nazionale si impegna a sostenere le numerose attività territoriali in molti modi, anche attraverso un supporto alla progettazione e alla valorizzazione delle idee progettuali delle Sezioni UILDM.

In occasione della Giornata delle Malattie Rare 2024 la Sezione UILDM di Sassari, in collaborazione con la Direzione Nazionale e la Sezione di Monza, lancia il suo progetto “Vivo il presente e affronto il futuro”.

Negli ultimi anni la realtà virtuale ha guadagnato sempre più terreno nelle nostre vite: da semplice strumento di intrattenimento è diventata una tecnologia che può essere utilizzata per molti altri scopi, anche in ambito psicologico e nel mondo delle neuroscienze.

E proprio la realtà virtuale applicata alla gestione emotiva del mondo delle malattie neuromuscolari è al centro del progetto “Vivo il presente e affronto il futuro”, promosso dalla Sezione UILDM di Sassari con la collaborazione di UILDM Monza, che ha già testato e proposto sul suo territorio questa attività, e della Direzione Nazionale UILDM.

Il lancio avviene in occasione della Giornata delle Malattie Rare del 29 febbraio 2024, l’appuntamento più importante per le persone con malattia rara di tutto il mondo, per i loro familiari, per gli operatori sanitari e sociali.

Il progetto, che ha ottenuto il finanziamento di Fondazione Roche, coinvolgerà 20 giovani uomini e donne con la distrofia muscolare di Duchenne (DMD) e l’atrofia muscolare spinale (SMA).

Attraverso una serie di esperienze immersive con l’utilizzo di visori per la realtà virtuale, la Sezione intende promuovere percorsi di benessere psicologico e cambiamento positivo nelle persone coinvolte.

“Vivo il presente e affronto il futuro” è pensato per far vivere vere e proprie storie di trasformazione, esperienze metaforiche coinvolgenti e multisensoriali, amplificate dall’immersione in una realtà virtuale.
In un percorso legato al benessere psicologico, infatti, la realtà virtuale può rappresentare un valido strumento di supporto perché offre alla persona con disabilità la possibilità di partecipare attivamente alla presa di consapevolezza di pensieri, emozioni e comportamenti legati alla propria condizione.

Il progetto è strutturato in 4 laboratori di realtà virtuale per la gestione emotiva condotti da uno psicologo esperto, che si svolgeranno nel mese di settembre nella Casa Vacanze UILDM di Platamona (SS). Verranno utilizzati metodi innovativi di psicologia aumentata (Augmented Psychology) e benessere aumentato (Augmented Wellbeing).

Insieme alle attività con i visori, verrà avviato uno sportello di accompagnamento e supporto psicologico per i beneficiari del progetto e le loro famiglie.

«“Vivo il presente e affronto il futuro” intende anche fare informazione sulla distrofia muscolare di Duchenne e sulla SMA attraverso la realizzazione di video che racconteranno cosa significa nascere, crescere e vivere con tali patologie, partendo dalle storie e dalle voci dei nostri protagonisti. – dichiara Gigliola Serra, presidente di UILDM Sassari – Il racconto e la testimonianza sono una parte fondamentale di questo percorso perché permettono a chi ascolta – persone con malattie neuromuscolari e i familiari – di trovare elementi comuni alla loro esperienza e di sentirsi accompagnati. Voglio ringraziare la Sezione UILDM di Monza per il supporto e la condivisione delle loro competenze nella costruzione di questo progetto».

Articolo su UILDM Chivasso

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Francesco Paolo Oreste: scrivere per una società migliore

Articolo di Francesca Carlucci

Quando lo sguardo investigativo sulla realtà quotidiana si incontra con la scrittura non può che nascere un connubio volto a riflettere sulle problematiche della nostra società. È quanto avviene leggendo lo scrittore Francesco Paolo Oreste, ispettore della Polizia di Stato del commissariato di Pompei che, attraverso i suoi libri – Mi sono visto di spalle che partivo (Pensa Multimedia, 2010), Dieci storie sbagliate. Più una (Il Quaderno Edizioni, 2014), Il cortile delle statue silenti (Pensa Multimedia, 2015), – ha fatto delle tematiche sociali un punto di forza.

Nel suo ultimo libro, “L’ignoranza dei numeri. Storia di molti delitti e di poche pene” (Baldini+Castoldi, 2019) l’ispettore Giulietti indaga appunto sull’ignoranza dei numeri. Anche lei, nel suo medesimo lavoro, si trova ad affrontare la stessa situazione?

Le mie storie sono quasi tutte parte di verità nel senso che la maggior parte delle dinamiche e delle emozioni che sono raccontate hanno a che fare con quello che mi succede e incontro durante il mio lavoro visto che per motivi professionali certe cose le devo vedere per forza e in certi momenti, quando c’è la necessità che intervenga la polizia, viene messa anche da parte la vergogna, la paura e tutto quello che normalmente ci tiene fuori da certe stanze o da certe cose. Al tempo stesso, quando poi diventano un’unica storia, diventano la storia che provo a costruire, le romanzo, nel senso che le metto un pò insieme provando da una parte a proteggere i protagonisti reali, dall’altra però a mantenere intatta la dignità della loro storia, la necessità di raccontare la verità che poi è sempre il modo migliore per difendere la dignità, attenersi alla verità, provare a far conoscere attraverso le storie la verità di certe storie.

Perché intitolarlo “L’ignoranza dei numeri”? Cosa significa?

Nel libro ci sono due storie che si intrecciano, una che ha a che fare con un’indagine e l’altra con una protesta per l’apertura di una discarica. Il titolo fa riferimento a qualche cosa che succede in entrambe le storie; relativamente alla discarica e alle proteste fa riferimento ai numeri che cercano di descrivere il danno che apporterà la discarica al territorio, le percentuali che sono delle vite umane quindi i numeri hanno questo limite, leggono la realtà ma non sono capaci di raccontarla senza la giusta interpretazione, sono una fotografia, poi bisogna essere bravi a guardarla. Nel caso specifico si parlava di uno 0,004% come aumento delle malattie tumorali nei territori in cui c’è una discarica laddove avrebbe fatto sicuramente più effetto, raccontando meglio la realtà, parlare di migliaia di morti in più che ci sarebbero stati nei prossimi 10-20 anni. Invece, relativamente alla storia dell’indagine sulla morte di Salvatore o’ Scarrafone, i numeri hanno a che fare con l’emarginazione e difficoltà di certe vite di mettere insieme quello che servirebbe per arrivare a fine mese, sulle statistiche che non riescono a raccontare del tutto la difficoltà di chi vive ai margini della società.

Lei è tra i fondatori delle associazioni culturali Eureka e In-Oltre attraverso le quali promuove la cultura della legalità e la difesa dell’ambiente in particolare nelle scuole primarie e secondarie della periferia vesuviana. Come trova l’approccio dei giovani a queste tematiche e in che modo inculcare il rispetto verso di esse?

Dipende tantissimo dal modo in cui siamo capaci noi di proporle ai giovani, ma questo vale per ogni tipo di insegnamento. Qualsiasi materia alla fine diventa attraente o meno a seconda dell’appeal del professore. Relativamente ai temi ambientali e alla cultura della legalità è fondamentale mostrare le giuste pratiche, essere noi per primi ad avere comportamenti virtuosi che poi siano da esempio a quelli che vogliamo istruire alle giuste pratiche. Non possiamo predicare bene e razzolare male perché i giovani, da questo punto di vista, ci giudicano, anzi io spero soprattutto, vedendo quello che succede nella vita di mia figlia, dei suoi amici e della sua generazione, che loro siano più bravi di noi. Vedo un fermento nei giovani relativamente all’ambiente che mi lascia ben sperare.

(foto di Francesca Carlucci)

Nei suoi libri tratta temi di grande sensibilità pubblica e importanza sociale quali l’emarginazione, l’umanità indifesa, la legalità, la criminalità organizzata, la violenza sulle donne, la pedofilia, l’ambiente. Ha mai riflettuto su quanto la sua scrittura possa contribuire a riflettere per migliorare la nostra società?

Più che a posteriori, a priori scrivo proprio nella speranza di riuscire a dire qualcosa, di insinuare un dubbio o comunque dare inizio a una riflessione nell’esporre. Esprimo tantissimo sperando che il lettore sia giovane, sia qualcuno con il quale poi magari, come succede spesso quando ripasso a scuola, potermi confrontare. La società ha anche un punto di vista diverso rispetto al mio ruolo perché sono comunque realmente un investigatore, un rappresentante delle istituzioni di polizia, e mostrare me stesso in alcune tematiche è una sorta di sospensione del giudizio in maniera da lasciare anche spazio alla riflessione e alla discussione. È una cosa che ritengo positiva soprattutto necessaria per quello che il ruolo che assegno io alla mia di scrittura, fermo restando che non dobbiamo sopravvalutarci troppo nel poter incidere chissà quanto nelle vite di chi ci circonda. Certo è che, come mi è capitato qualche volta, quando poi magari un ragazzo dopo essersi approcciato a una pagina o partecipato a un incontro in cui ci si è conosciuti, in cui magari hanno conosciuto un modo diverso di presentare certe tematiche, poi mi viene a raccontare qualcosa che cambia qualcosa nella sua di vita, ecco che cambiano il senso dei numeri, delle percentuali, ecco che i numeri non sono più ignoranti e quello che un ragazzo su mille riesce a modificare, a cambiare qualcosa in meglio nella sua vita, diventa non uno su mille, ma il cento per cento rispetto alla sua di vita.

C’è un argomento di interesse sociale di cui vorrebbe scrivere in futuro?

Voglio tornare a scrivere di ragazzi e di bambini perché penso che la piaga dell’abbandono, dell’emarginazione – che poi determina pedofilia, abuso dei minori o comunque una devianza che in certe realtà periferiche è diffusa – sia prioritario come tematica perché deve essere un obiettivo primario di uno Stato che si ritenga civile quello di essere presente in quelle vite. Dobbiamo essere gli adulti nella vita di quei bambini che non hanno adulti perché tutti hanno bisogno di guida per poter scegliere e, quindi, per poter gestire davvero la propria libertà di avere una formazione, un’istruzione, un’educazione che li renda poi liberi di poter scegliere consapevolmente il proprio destino.

Che significato assume per lei la parola ‘speranza’ in una realtà che vede ogni giorno con i suoi occhi nella sua drammaticità?

La speranza è quando qualcosa mi ritorna, quando uno qualsiasi dei ragazzi che riesco a conoscere negli incontri che faccio a scuola poi mi contatta con “Aiutami a fare la cosa giusta” o comunque fa lui la cosa giusta ponendomi un problema, aiutandomi ad entrare in una situazione difficile. La speranza è nei giovani.

Articolo su Cartapressata

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“Nella nostra pasticceria lavora Stefano, ragazzo Down. Per noi è insostituibile. Un’azienda che si rispetti deve includere”

Articolo di Raffaele Nappi

La prima volta che Stefano è entrato in pasticceria il proprietario, Davide, era un po’ preoccupato. Era il luglio del 2016 e “non avevamo mai collaborato con un ragazzo con sindrome di Down, non sapevo come avrebbe reagito lo staff”. Sono bastati due anni per capovolgere il mondo. E quando è scaduto il periodo di stage il titolare ha preso una decisione: “Il giorno dopo la fine del tirocinio ci siamo accorti che ci mancava. E così abbiamo deciso di assumerlo con un contratto a tempo indeterminato”, sorride.

Lui si chiama Stefano Brevi e ha 28 anni. L’altro, Davide Savoldelli, è il titolare di una pasticceria storica a Endine Gaiano, 3.400 abitanti in provincia di Bergamo. Mosso dalla voglia di mettersi in gioco Stefano si è iscritto all’ufficio di collocamento per lavori protetti mirati. “Ma in due anni non abbiamo mai ricevuto una proposta”, racconta la mamma, Antonia. Poi, la possibilità di fare uno stage al forno Minuscoli. “Dal primo giorno abbiamo capito che Stefano era un ragazzo curioso e simpatico – racconta Davide –. Si è presentano accompagnato dai suoi genitori in negozio con un sorriso grande così”.

Così Stefano ha modo di entrare nel mondo del lavoro e farsi conoscere

La giornata comincia alle 8.30 in punto, quando Stefano arriva accompagnato in moto da suo papà. Ordina il solito caffè liscioseguito da un buon cannolo e si siede con i clienti, che ormai sono diventati suoi amici. Alle 8.45 si prepara, indossa la divisa e comincia a pulire tutte le teglie utilizzate per la cottura di pizze, focacce e brioche. “È un lavoro lungo e a tratti anche antipatico – raccontano i dipendenti –. Ogni tanto Stefano cerca di sviare e proporsi per far altro, ma dopo qualche richiamo si rimette in riga e finisce il turno”. Nei momenti di maggior afflusso viene chiamato per servire ai tavoli (cosa che adora), poi fa la lavastoviglie, lava i piatti e pulisce le verdure con la cuoca, Nicoletta. È circondato dalle colleghe, tutte donne. Lui le riempie di complimenti e quindi “il suo inserimento non è stato per nulla difficile. Anzi”, sorride il titolare. Alle 11, dopo la solita pausa con merenda, Stefano apparecchia i tavoli per pranzo: lo fa con cura e precisione, organizza praticamente tutta la sala. Alle 12 si avvia alla fermata del pullman, da solo. Torna a casa a Casazza, 11 chilometri più a nord, dove vive con i genitori.

Eppure parecchie aziende preferiscono ancora oggi pagare multepiuttosto che inserire personale con disabilità. “Bisogna potenziare l’inserimento dei disabili, perché è solo grazie strumenti come questi che persone come Stefano hanno modo di farsi conoscere, entrare nel mondo del lavoro, capire che la barriera non è la disabilità ma l’atteggiamento che hanno gli altri nei suoi confronti”.

Davide e lo staff della pasticceria sono stati seguiti e accompagnati nel percorso di inserimento lavorativo da una cooperativa che ne ha curato tutti i dettagli. “Purtroppo spesso nelle aziende si tende a preferire la scelta più semplice. E senza pensare all’aspetto umano, si riduce tutto a una mera questione economica, a una semplice monetizzazione, trascurando l’importanza del rispetto della persona”, spiega Barbara Facchinetti, la tutor che ha seguito personalmente il progetto. “Davide ha attivato un circolo virtuoso riuscendo così a valorizzare concretamente le potenzialità di Stefano: lo ha inserito per libera scelta dopo una conoscenza diretta, senza aver l’obbligo di assumere tramite categoria protetta – continua Barbara –. Non ha trascurato il valore umano a favore di logiche di profitto e produttività”.

La tutor: “Davide non ha trascurato il valore umano a favore di logiche di profitto e produttività”

Ma cosa può fare lo Stato per stare vicino a persone con disabilità? Per favorirne l’inserimento lavorativo? Garantirne diritti e doveri? “Semplice, stare al fianco degli utenti, collaborando con aziende e le famiglie, che sono le protagoniste e gli artefici dei successi delle persone disabili”, spiega la tutor.

Obiettivi per il futuro? Continuare così. “Spero che Stefano si trovi bene e che resti con noi così come ha fatto finora. Per noi lui è insostituibile”, sorride Davide. E poi c’è una questione di fondo che proprio non può essere messa da parte: “Un’azienda che si rispetti – spiega – deve includere tutti”. Quando ha ricevuto la notizia del contratto a tempo indeterminato Stefano era entusiasta. “Non credo abbia e conosca il valore del denaro. In questi due anni ha semplicemente voluto sentirsi una persona normale”, racconta mamma Antonia. Come quando lui, di buonumore, ti viene vicino, ti abbraccia e ti riempie di complimenti. “Sono quelli i momenti migliori”.

 

Articolo su Il Fatto Quotidiano

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Continuo a credere

  • Continuo a credere che andrà sempre meglio.

Continuo a credere che si stava meglio quando si stava meglio.

Continuo a credere che è meglio mangiare più frutta e verdura.

Continuo a credere che la zuppa di farro è buona, ma anche la tagliata di manzo.

  • Continuo a credere che il lavoro nobilita l’uomo, ma anche la donna.

Continuo a credere che meritocrazia non fa rima con utopia.

Continuo a credere che chi è andato via prima aveva provato a restare.

Continuo a credere che se sparisse l’evasione fiscale i costi dei servizi diminuirebbero.

  • Continuo a credere alla convivenza pacifica tra tutte le religioni.

Continuo a credere che l’oriente si trova semplicemente dopo l’occidente.

Continuo a credere che nessuno lucrerà più sulla vita della gente che scappa dalla guerra.

Continuo a credere che bomba debba essere solo un tuffo in acqua.

  • Continuo a credere che per abbattere un muro non bastano le parole.

Continuo a credere che il passato non potrà mai cambiare il futuro, potrà cambiarlo solo il presente.

Continuo a credere che chi non capisce non voglia capire.

Continuo a credere che chi ha la colpa prima o poi lo ammetterà.

  • Continuo a credere al rispetto tra uomini, donne, anziani e bambini.

Continuo a credere che la mamma è sempre la mamma.

Continuo a credere che non esisterà più la violenza sulle donne.

Continuo a credere alle pari opportunità.

  • Continuo a credere che chi immagina ha solo tanta fantasia.

Continuo a credere che un pollice in sù è meglio di un dito medio in sù.

Continuo a credere alla gentilezza e alla cortesia.

Continuo a credere che chi non ha mai peccato scaglierà la prima pietra.

  • Continuo a credere al coraggio di chi si è stancato.

Continuo a credere alla forza di chi ha preso una decisione.

Continuo a credere che la gente non dimenticherà mai chi ha avuto coraggio.

Continuo a credere che se prima non ci provi non lo saprai mai.

  • Continuo a credere che per fare un viaggio a volte basta solo guardarsi negli occhi.

Continuo a credere che se ci incontriamo nei sogni prima o poi ci incontreremo veramente.

Continuo a credere che a volte basta solo un bacio per stare meglio.

Continuo a credere che se fossi qui con me sarebbe meglio.

  • Continuo a credere che il verde si possa fare anche combinando il bianco con il nero.

Continuo a credere che il blu come il cielo non è così diverso dal blu come il mare.

Continuo a credere che anche le nuvole vivano il loro periodo buio.

Continuo a credere che il tramonto sia il sole che sta andando a riposare.

  • Continuo a credere che a volte vede meglio chi tiene gli occhi chiusi.

Continuo a credere che a volte sente meglio chi riesce a toccare le parole.

Continuo a credere che i grandi piaceri si provano anche restando seduti.

Continuo a credere che se non vogliamo chiedere aiuto qualcuno vorrà aiutarci lo stesso.

  • Continuo a credere che la ricerca medica guarirà tutti i malati ignorando le case farmaceutiche.

Continuo a credere che lo xanax non da la felicità.

Continuo a credere che i fiori di bach non saranno mai come il valium.

Continuo a credere che a volte i metodi della nonna funzionano.

  • Continuo a credere che lo sport non può provocare violenza.

Continuo a credere che chi bara non è uno sportivo.

Continuo a credere che in compagnia di un libro non si è mai da soli.

Continuo a credere che un giorno i bambini trasformeranno il mondo con i loro sogni.

  • Continuo a credere al bicchiere mezzo pieno perchè quello mezzo vuoto è finito.

Continuo a credere a caffè e sigaretta.

Continuo a credere al bicchiere di vino durante i pasti e a tutta la bottiglia se non devi guidare.

Continuo a credere che il fumo faccia male, ma io fumerò anche oggi l’ultima sigaretta.

Piero Cancemi

Continuo a credere – Wattpad.com